ASPETTI PSICOEMOTIVI E AFFETTIVI DELL’EDUCAZIONE SESSUALE: IL RUOLO DELLA SCUOLA.
L’educazione sessuale può essere definita come un processo graduale e permanente di acquisizione di informazione e formazione di atteggiamenti, credenze e valori su argomenti come il consenso, l’orientamento sessuale, l’identità, le relazioni e l’intimità (SIECUS, Guidelines, 2004). Essa non è solo l’istruzione di bambini e adolescenti sull’anatomia e la fisiologia del sesso biologico e della riproduzione, ma a questi aspetti cognitivi (informazioni biologicamente medicalmente accurate), vengono integrati aspetti affettivo-emotivi (sentimenti, valori e atteggiamenti), comportamentali (comunicazione, processo decisionale, relazione con l’altro) e fisici al fine di promuovere un sano sviluppo sociale ed emotivo (SIECUS, On the Right Track,2004) per tutti, compresi gli individui con disabilità, condizioni di salute cronica e altri bisogni speciali (Martino, Elliott, Corona, Kanouse, Schuster, 2008).
Gradualmente, nel corso della crescita, bambini e adolescenti cercano informazioni, acquisiscono conoscenze e si formano le proprie idee e opinioni circa il corpo umano, le relazioni intime e la sessualità. Le prime e le principali fonti di apprendimento, definite “informali”, sono i genitori, i quali, pur occupando un ruolo fondamentale, spesso scelgono il silenzio, trasmettendo il messaggio: “di sessualità non si può parlare.” Sia come conseguenza a questo silenzio che come metodo veloce e facile per soddisfare le proprie curiosità, trova spazio, tra le diverse fonti di informazione, Internet, il quale però può portare i giovani ad imbattersi in informazioni frammentarie e scorrette. (Kohler, Manhart e Lafferty, 2008). Nell’entrare in contatto con fonti non attendibili, i giovani vengono influenzati negativamente dalle stesse, con conseguente disagio, paura o la creazione di convinzioni errate (Kohler, Manhart e Lafferty, 2008).
Proprio per questi motivi, all’educazione informale deve essere integrata un’educazione formale attraverso la scuola, libri, programmi educativi e servizi sanitari. La scuola, in particolare, può avere la funzione di mediatore tra famiglia, servizi sanitari e informazioni online, ed è uno dei luoghi più frequentati all’interno dei quali sorgono preoccupazioni sull’identità, sul comportamento sessuale e dove l’individuo fa esperienza di sentimenti di autodeterminazione, connessione con gli altri ed amplia la conoscenza di sé (Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, 2014).
L’EDUCAZIONE SESSUALE NELLE SCUOLE
In Europa l’educazione sessuale è stata inserita come materia scolastica curricolare da oltre mezzo secolo. È nata ufficialmente in Svezia e resa obbligatoria in tutte le scuole nel 1955. Il Governo svedese ritiene che l’educazione sessuale sia un modo per formare una popolazione sana e consapevole oltre che rispettosa e tollerante. Lo scopo è quello di cancellare la visione del sesso come “tabù” permettendo ai giovani di parlarne liberamente e di informarsi, anche attraverso domande, all’interno delle scuole stesse (Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, 2014).
Altri paesi – come l’Olanda, la Danimarca, l’Austria – danno importanza a questo aspetto formativo istituendo progetti educativi ben organizzati, divisi in fasce di età che rispondano alle mutevoli situazioni di vita degli allievi. Un concetto principale è proprio l’<<adeguatezza rispetto all’età>> ovvero riproporre nel tempo gli stessi argomenti e le informazioni secondo l’età e lo stadio evolutivo dello studente; proprio per questo, l’educazione sessuale, viene inserita come materia già dalle scuole primarie fino alle scuole superiori. I programmi prevedono lezioni sulla conoscenza di sé, del proprio corpo e i cambiamenti che esso subisce, delle proprie emozioni e le relazioni interpersonali (amore, amicizia, famiglia); le lezioni hanno l’ulteriore scopo di promuovere il rispetto reciproco, la collaborazione con i genitori e fornire informazioni più scientifiche (educazione sessuale abbinata a biologia) (Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, 2014). Ma qual è la situazione in Italia?
L’ Italia, come altri paesi quali la Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia, Spagna e Romania, rientra tra i paesi dove l’educazione sessuale viene introdotta più tardi, i programmi non sono obbligatori e l’adesione rimane una scelta dei singoli istituti. L’educazione sessuale nelle scuole è saltuaria, minima e nella maggior parte dei casi coinvolge un numero ristretto di strutture, esclusivamente scuole superiori, con ragazzi/e tra i 14 e 19 anni. Nelle scuole italiane, di norma, non esistono corsi e, se ci sono, vengono organizzati dai consultori che si limitano ad una preparazione medico-sessuale senza affrontare l’aspetto emotivo e affettivo della sessualità, le differenze e/o parità di genere, lo sviluppo psico-emotivo in chiave sessuale, l’importanza del consenso per non sfociare nella violenza o nell’abuso, le tematiche LGBTQ, il rispetto dell’altro/a e l’inclusione.
Il processo di inclusione dell’educazione sessuale come materia nelle scuole italiane non è affatto facile: molto spesso si incontrano resistenze basate su questioni religiose, sulla percezione di questi temi come “tabù” o per il timore di affrontare l’argomento troppo presto causando la messa in atto di “comportamenti sessuali prematuri”; anche se come afferma Fabio Veglia: << Domandarsi se è troppo presto, significa quasi sempre arrivare a parlarne troppo tardi >> (Veglia 2004). Tuttavia, l’esperienza degli stati esteri, dove questa viene già introdotta dalla scuola primaria come materia curricolare, potrebbe essere d’ispirazione per la progettazione e l’organizzazione di una formazione scolastica anche in Italia.
L’OMS distingue tre tipologie di programmi di educazione sessuale nella scuola:
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programmi di tipo 1, definiti “how to say no” (“come dire no”) o “abstinence only” (“solo astinenza”) che si focalizzano principalmente o esclusivamente sull’astinenza dai rapporti sessuali prematrimoniali;
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programmi di tipo 2, indicati spesso come “educazione sessuale estensiva”, che comprendono l’astinenza come una scelta possibile ma dedicano anche attenzione alla contraccezione e alle pratiche sessuali sicure;
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programmi di tipo 3, “olistici”, che comprendono gli elementi del programma di tipo 2 ma li collocano nella più ampia prospettiva della crescita e dell’evoluzione personale (Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e BZgA, 2014).
Negli Stati Uniti d’America spesso vengono promossi programmi “abstincence only” mentre in Europa occidentale sembra predominare un’educazione di tipo olistico (SIECU, 2015). L’educazione sessuale “olistica” non è esclusivamente concentrata sul “rischio” – evidenziando unicamente le conseguenze negative della sessualità (i.e. gravidanze indesiderate o malattie sessualmente trasmissibili) – ma fornisce alle studentesse e agli studenti informazioni scientificamente esatte e imparziali su tutti gli aspetti della sessualità e dà supporto nella creazione di competenze necessarie per determinare autonomamente la propria personalità e sessualità, per costruire e mantenere – nelle diverse fasi di sviluppo – relazioni soddisfacenti nel rispetto per i diritti: propri e altrui. Viene promossa la crescita personale, l’empowerment (Mapelli, 2004; Laforest, 2013), con l’intento di educare ad una sessualità intesa non solo come dimensione corporea, ma anche come dimensione emotivo-affettiva, affinché <<possano vivere la sessualità e le relazioni di coppia in modo appagante e responsabile (Federal Centre for Health Education, Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms e Bzga, 2010)>> oltre che libere da pregiudizi (Federal Centre for Health Education, Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms e Bzga, 2010). L’assenza di un corretto approccio educativo può far sì che i giovani si avvicinino all’età adulta avendo a che fare con messaggi contraddittori, confusi e carichi di imbarazzo, disapprovazione e vergogna.
Data la difficoltà di tale compito, al fine di favorire una formazione ottimale, risulta necessario un approccio interdisciplinare che coinvolga il corpo docenti, specificatamente formato e che sappia creare il giusto livello di confort affinché gli studenti si sentano liberi di fare domande, e le famiglie, fondamentali per comprendere meglio il “clima” e il substrato culturale in cui i ragazzi vivono, le esigenze, le motivazioni e l’educazione impartita dai genitori (Righini Ricci G., 1983; 2011). È necessario, inoltre, concentrarsi anche su diverse dimensioni della diversità: razziale ed etnica, background socioeconomico, orientamento sessuale e identità di genere, e bisogni educativi speciali; tutti fattori che possono influenzare la visione degli studenti circa questioni legate alla sessualità.
Un’educazione sessuale accurata, appropriata all’età (e allo sviluppo) insegna ai giovani a comunicare, senza sensi di colpa o imbarazzo – anche attraverso una terminologia adeguata – eventuali domande, sintomi o preoccupazioni e fornisce un quadro per comprendere ed evitare comportamenti socialmente inappropriati o illegali. È importante anche sottolineare gli effetti positivi che un’educazione all’affettività o alla sessualità può avere su comportamenti come bullismo, cyberbullismo o omofobia (Ganci, 2015).
Le scuole, in conclusione, devono poter diventare comunità di apprendimento sane che siano fisicamente, emotivamente e intellettualmente sicure per tutti membri della comunità scolastica (CSBE, 2007).
Bibliografia:
-Connecticut State Department of Education, Bureau of Special Education. (2007). A Parent’s Guide to Special Education in Connecticut.
– Federal Centre for Health Education, Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e Bzga (2010), Standard per l’educazione sessuale in Europa. Quadro di riferimento per responsabili delle politiche, autorità scolastiche e sanitarie, specialisti, Colonia.
– Kohler, P. K., Manhart, L. E., & Lafferty, W. E. (2008). Abstinence-only and comprehensive sex education and the initiation of sexual activity and teen pregnancy. Journal of adolescent Health, 42(4), 344-351.
– Laforest N.G. (2013), Comizi d’amore oggi. Un esperimento didattico sulle questioni di genere, “Hamelin”, n. 34, pp. 42-51.
– Mapelli B. (2004), Nuove virtù. Percorsi di filosofia dell’educazione, Milano, Guerini Scientifica.
-Martino SC, Elliott MN, Corona R, Kanouse DE, Schuster MA. Beyond the “big talk”: the roles of breadth and repetition in parent-adolescent communication about sexual topics. Pediatrics. 2008;121(3).
– Righini Ricci G. (1983), Esperienze di educazione sessuale nella scuola dell’obbligo, Torino, Punto Famila, pp. 1-6.
– Righini Ricci G. (2011), Esperienze di educazione sessuale nella scuola media, a cura di C. Rodia e A. Rodia, Taranto, Artebaria.
– Sexuality Information and Education Council of the US (SIECUS). (2004). Guidelines for Comprehensive Sexuality Education: Kindergarten – 12th Grade, Third Edition.
– Sexuality Information and Education Council of the United States. Position Statement on Human Sexuality. (2012)
– Ufficio Regionale per l’Europa dell’Oms, Bzga (2014), Standard per l’educazione sessuale in Europa. Guida alla realizzazione, Colonia.
– Veglia, F. (2004). Manuale di educazione sessuale.Erickson: Trento.