La gelosia tra fratelli: aggressività e tensione
Il pensiero è buono, ma purtroppo è impossibile da realizzare. Ciò che accade ad un bambino quando arriva una sorellina o un fratellino è piuttosto drammatico: il più grande perde improvvisamente il 50% di tutto ciò che i genitori gli avevano messo a disposizione nella sua vita. È come se ad un certo punto il marito arrivasse a casa con una nuova moglie e pretendesse che tutti e tre viveste insieme nell’amore reciproco.
La reazione del figlio maggiore di fronte a questa pesante perdita solitamente è l’aggressività, o meglio un cocktail di dolore, rabbia e la sensazione di essere sbagliato, che si esprime in episodi di aggressività fisica o verbale. Questo accade, paradossalmente, perché i bambini elaborano, cioè imitano, i comportamenti dei genitori e fanno tutto il possibile per andare incontro ai loro bisogni e desideri – quelli consci e quelli inconsci.
Manuel è stato circondato per tutto il periodo della gravidanza della sorellina da genitori e altri adulti che esprimevano felicità, amore e tante aspettative positive per il nuovo membro della famiglia in arrivo. M. ha cercato di fare propri questi sentimenti, anche se naturalmente le sue immaginazioni non potevano eguagliare quelle degli adulti. Dopo la nascita, quando le gioie dell’attesa sono esplose nella felicità vera e propria e nell’amore, ha provato ad elaborare anche questi sentimenti. E probabilmente lo ha fatto anche spinto da una forte e costante sollecitazione da parte dei genitori, degli amici e degli altri famigliari che erano intorno a voi nelle prime settimane. Il comportamento di tutti gli adulti esprimeva un unico messaggio: «questa è una gioia assoluta e tutti noi amiamo la nuova arrivata».
Tutto questo affetto e questa positività sono un vero dono per la piccola Vittoria, ma nello stesso tempo rendono dura la vita a M., che si sente obbligato a provare le stesse cose degli adulti, ma sente anche qualcos’altro, cioè la perdita. Durante i suoi primi anni di vita la vostra presenza, la vostra attenzione e la vostra voglia di soddisfare sempre i suoi bisogni e i suoi desideri sono i messaggi che M. ha interpretato come “amore”. Ora tutto questo deve essere condiviso con un’altra e ciò lo spinge a dubitare seriamente di essere ancora amato.
Il suo problema più grande è quello di aver subito una perdita gigantesca, che nessun altro sembra notare e deve perciò affrontare da solo. La maggior parte dei bambini impiega alcuni mesi prima di riuscirci, nonostante vengano accusati di essere gelosi, rimproverati e sgridati.
Quando dite: «No!» o «Così non si fa!». Abbiamo anche cercato di farle capire che in quel modo fa male alla sorellina, che così diventa triste. Abbiamo provato ad usare un tono di voce severo, ma non abbiamo visto cambiamenti nel suo comportamento: o comincia a lamentarsi anche lui mentre lo sgridiamo, oppure colpisce di nuovo la sorellina.”
Quando un adulto dice qualcosa che suona incomprensibile o assurdo rispetto a ciò che il bambino sta cercando di esprimere, non serve cambiare il tono di voce. Per il bambino diventa anzi una conferma del fatto che i genitori non gli vogliano più bene e che i suoi sentimenti siano sbagliati – che nella percezione di un bambino significa essere sbagliato come persona. È per questo che, quando lo sgridate, M. ci rimane male, diventa aggressivo e ripete il suo gesto nella speranza di essere compreso (ed in questo imita gli adulti!)
Se un bambino potesse esprimersi verbalmente e con un linguaggio dalle sfumature esistenziali, chiederebbe ai suoi genitori di mettersi seduti ad ascoltare e direbbe loro: «Ho capito che la mia sorellina è la cosa più importante per voi al momento e mi sta bene. Anch’io penso che sia meravigliosa e non vedo l’ora di poter giocare con lei. Ma in questo momento il mio problema più grande è che sento di aver perso il vostro amore e per questo sono disperato e arrabbiato. Uno di voi non potrebbe aiutarmi? Perché non ho nessuna voglia di essere un bambino che non vi piace».
Ma i bambini non sanno sempre usare così bene il linguaggio emotivo (spesso neanche gli adulti…), perciò devono attirare l’attenzione sulle loro frustrazioni, gioie, dolori e necessità. Non hanno bisogno degli inutili tentativi dei genitori di nascondere la loro perdita. Hanno invece bisogno di comprensione.
Suggerisco spesso che in un primo momento sia il padre ad occuparsi di questo problema. La ragione è che tutti i padri, almeno la prima volta, provano più o meno la stessa sensazione dei bambini: essi sentono cioè di finire improvvisamente al secondo posto nella “classifica” delle madri – e senza la prospettiva di poter tornare in cima.
Ma un uomo adulto nel corso di alcuni mesi si accorge che esiste una grande differenza tra l’amore di una madre per il suo bambino e quello per il suo compagno, perciò solitamente la tendenza alla gelosia scompare piuttosto velocemente. Lo stesso non vale per un bambino. D’ora in poi deve condividere lo stesso tipo di amore con un’altra bambina per sempre!
Ciò che gli serve è che suo padre lo prenda in braccio o la porti a fare una passeggiata e gli dica più o meno così: «Posso capire che ti venga voglia di picchiare la tua sorellina ogni tanto, anche se le vuoi bene. Qualche volta capita anche a me. Non la voglia di picchiarla, ma ogni tanto mi dà fastidio che prende così tanto tempo ed energia alla mamma. Dobbiamo cercare di abituarci … Anche a te dà fastidio per questo o ti dispiace solo che non abbiamo più così tanto tempo per stare insieme?».
È importante che questo discorso venga fatto col cuore! I bambini sanno leggere in maniera trasparente l’autenticità di ciò che gli viene detto.
Se le parole vengono dal cuore funzionano sempre, specialmente se un paio di giorni dopo il papà proporrà alla mamma: «Ora per un paio d’ore sto io con la piccolina, così voi due potete andare a fare un giro insieme. Si vede che vi mancate a vicenda».