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Il termine attaccamento viene utilizzato per indicare l’intenso legame affettivo che si stabilisce con persone particolari, la cui presenza rassicura nei momenti di tensione emotiva e procura un senso di benessere, di gioia e di piacere nelle diverse situazioni della vita quotidiana. Tale legame si forma e si stabilizza nel corso della prima infanzia, manifestandosi sotto forma di ricerca, di vicinanza e di contatto fisico con la madre, figura che viene solitamente preferita dal bambino rispetto alle altre. Il legame di attaccamento viene considerato il prototipo di tutte le successive relazioni sociali che il bambino stabilirà: esso, inoltre continua a esercitare la sua influenza su vari aspetti dello sviluppo, nel corso dell’intero ciclo di vita.

Il bambino, fino dalle prime fasi del suo sviluppo, sarebbe guidato dalla ricerca di emozioni positive. La condivisione degli affetti positivi è resa possibile dal ruolo di scaffolding  emotivo* svolto dalla madre verso ogni attività del bambino e getta le basi per la formazione di fonti interne di fiducia, nonché per l’organizzazione del sé infantile. Nelle situazioni di difficoltà relazionale tra il bambino e i suoi partner si assisterebbe invece a un incremento dell’espressione e della condivisione di emozioni negative, con un impatto disorganizzante sulla nascente personalità.
Gli studi più recenti evidenziano come il bambino, nel corso del primo anno di vita, si formi delle schematizzazioni prototipiche delle sue interazioni con i genitori, marcate da specifici temi affettivi. Tali schemi emozionali permetterebbero di codificare precocemente la relazione di sé con l’altro in modo preverbale. Il nucleo affettivo del sé così formatosi funge da guida alle successive esperienze relazionali, garantendo il senso di continuità della sua esistenza.
* per scaffolding si intende la funzione svolta dall’adulto tesa a “incorniciarne” l’attività, fornendogli situazioni di gioco e di esplorazione costanti e iterate e permettendogli di sperimentare in modo condiviso la progressiva costruzione di significati, cognitivi e affettivi, circa l’ambiente animato e inanimato che egli sta operando.
Dalle teorie dell’attaccamento sappiamo che tutti i bambini, in condizioni normali di accudimento, si attaccano entro i primi otto mesi di vita. Il processo, che terminerà verso la fine del secondo anno di età, ha inizio fin dai primi giorni di vita, con la fase detta della intersoggettività primaria che crea intimità e vicinanza emotiva ed è precondizione indispensabile per l’attaccamento che invece, mira a ottenere protezione e vicinanza fisica, avendo portato il bambino a stabilire un’associazione tra la figura di attaccamento ed il conforto e l’alleviamento dallo stress.
Di norma, verso gli otto mesi, con i tentativi di guadagnare una certa indipendenza di locomozione e con la comparsa della diffidenza verso tutto ciò che è estraneo, il bambino inizia a protestare alla separazione dalla figura di attaccamento e ad utilizzare quest’ultima come base sicura per l’esplorazione. L’angoscia da separazione è da considerarsi l’indicatore per eccellenza che il legame di attaccamento si è stabilito.
Sebbene la presenza di attaccamenti multipli sia normale, le figure di accudimento non vengono trattate allo stesso modo. Bowlby utilizza il termine monotropia per indicare la tendenza a privilegiare una figura di attaccamento particolare tra le tante verso le quali si sono stabiliti dei legami di attaccamento, tendenza funzionale dal punto di vista evolutivo, a garantire la sopravvivenza del piccolo.È normale che nel corso dello sviluppo si verifichino dei cambiamenti nella composizione e nella struttura della gerarchia degli attaccamenti, che vedrà la perdita di alcune persone e l’acquisizione di altre.
Solo se saremo stati in grado di insegnargli l’abc, attraverso interazioni ricche e vivaci, attraverso la responsività attenta e puntuale dell’adulto, egli potrà apprendere tutte le lingue e intessere relazioni d’attaccamento sicure, diversamente rimarrà muto nel cuore e fondamentalmente solo.